mercoledì 29 aprile 2015

pedaliamo insieme?



Itinerario ciclo turistico proposto dal gruppo bici Auser:
Pioltello Lecco ( andata in treno–ritorno in bici)
Percorso: per mtb o City bike / Distanza : km 65 / Data: mercoledì 6 maggio
Programma:
-ritrovo in via Milano, davanti alla sede alle ore 9.00 / partenza in treno dalla stazione di Limito alle ore 9.26 (cambio a Bergamo) arrivo a Lecco alle ore 10.48.  bevuto l’eventuale caffè si monta in bici,  Lecco e via…  Olginate, Brivio, Imbersago (il traghetto di Leonardo),  Paderno d’Adda (il vecchio ponte in ferro, progettato nel 1889), Centrale Bertini, Centrale Esterle, Trezzo (centrale elettrica Taccani costruita nell’800), Vaprio d'Adda, Groppello, Inzago,  Bellinzago, Gorgonzola, Villa Pompea, Cassina de'Pecchi, Cernusco S/N, Pioltello sede Auser.
- una sola regola:non è una corsa contro il tempo ma un percorso da gustare. Una sosta per lo spuntino (al sacco o sul posto lo decideremo prima) è obbligatoria. - Si potrebbe decidere anche una visita a Crespi d’Adda. - ritorno previsto intorno alle 18.
Informazioni:
- Costi: biglietto treno persona+bici (6,50+3) 9,50 euro.
- Attrezzature: ognuno porti una camera d’aria di scorta   adatta alla propria bici.
-Comunicare la propria adesione entro il 4 maggio: 02 92729901/ 3395454419 o auserpioltello@libero.it

martedì 21 aprile 2015

dona il tuo 5x1000 ad AUSER


Con una semplice firma sul 730, Unico o CU (ex cud), ogni contribuente 
 può  decidere se destinare e a chi il suo 5 x 1000.

D.- Cosa si decide con il 5 x 1000?
R.- Di destinare una quota pari al 5 x 1000 delle proprie tasse a favore di enti e associazioni.
D.- E’ una tassa o un costo in più?
R.- No, sono tasse già pagate.

D.- Quali sono le associazioni a cui destinare il proprio contributo?
R.- Associazioni di volontariato, di promozione sociale... e altri.
D.- Come si effettua la scelta?
R.- Apponendo la firma nel riquadro 5 per mille del modello 730 – Unico o CU  specificando il codice fiscale del soggetto prescelto.
D.- Se non si sceglie che fine fa la propria quota del 5 x 1000?
R.- Rimane allo Stato.
D.- Ad esempio che succede concretamente se un pensionato con una pensione netta mensile di 1400 euro  sceglie di dare il suo 5x1000 ad una associazione, ad esempio  l’Auser?
R.- Il pensionato, nel corso del 2014 su quella pensione ha già  pagato  allo Stato, tasse per circa 4700 euro. Firmando,  devolve 24 di questi 4.700 euro ad Auser, che ne farà sicuramente buon uso.





domenica 19 aprile 2015

19 aprile 2015


Igiaba Scego, scrittrice 
Mio padre e mia madre sono venuti in Italia in aereo.
Non hanno preso un barcone, ma un comodo aeroplano di linea.
Negli anni settanta del secolo scorso c’era, per chi veniva dal sud del mondo come i miei genitori, la possibilità di viaggiare come qualunque altro essere umano. Niente carrette, scafisti, naufragi, niente squali pronti a farti a pezzi. I miei genitori avevano perso tutti i loro averi in un giorno e mezzo. Il regime di Siad Barre, nel 1969, aveva preso il controllo della Somalia e senza pensarci due volte mio padre e poi mia madre decisero di cercare rifugio in Italia per salvarsi la pelle e cominciare qui una nuova vita.
Mio padre era un uomo benestante, con una carriera politica alle spalle, ma dopo il colpo di stato non aveva nemmeno uno scellino in tasca. Gli avevano tolto tutto. Era diventato povero.
Oggi mio padre avrebbe dovuto prendere un barcone dalla Libia, perché dall’Africa se non sei dell’élite non c’è altro modo di venire in Europa. Ma gli anni settanta del secolo scorso erano diversi. Ho ricordi di genitori e parenti che andavano e venivano. Avevo alcuni cugini che lavoravano nelle piattaforme petrolifere in Libia e uno dei miei fratelli, Ibrahim, che studiava in quella che un tempo si chiamava Cecoslovacchia. Ricordo che Ibrahim a volte si caricava di jeans comprati nei mercati rionali in Italia e li vendeva sottobanco a Praga per mantenersi agli studi. Poi passava di nuovo da noi a Roma e quando era chiusa l’università tornava in Somalia, dove parte della famiglia aveva continuato a vivere nonostante la dittatura.
Se dovessi disegnare i viaggi di mio fratello Ibrahim su un foglio farei un mucchio di scarabocchi. Linee che uniscono Mogadiscio a Praga passando per Roma, alle quali dovrei aggiungere però delle deviazioni, delle curve. Mio fratello infatti aveva una moglie iraniana e viaggiavano insieme. Quindi c’era anche Teheran nel loro orizzonte e tanti luoghi in cui sono stati ma che ora non ricordo con precisione.
Mio fratello, da somalo, poteva spostarsi. Come qualsiasi ragazzo o ragazza europea. Se dovessi disegnare i viaggi di un Marco che vive a Venezia o di una Charlotte che vive a Düsseldorf dovrei fare uno scarabocchio più fitto di quello che ho fatto per mio fratello Ibrahim. Ed ecco che dovrei disegnare le gite scolastiche, quella volta che il suo gruppo musicale preferito ha suonato a Londra, le partite di calcio del Manchester United, poi le vacanze a Parigi con la ragazza o il ragazzo, le visite al fratello più grande che si è trasferito in Norvegia a lavorare. E poi non vai una volta a vedere New York e l’Empire State Building?
Per un europeo i viaggi sono una costellazione e i mezzi di trasporto cambiano secondo l’esigenza: si prende il treno, l’aereo, la macchina, la nave da crociera e c’è chi decide di girare l’Olanda in bicicletta. Le possibilità sono infinite. Lo erano anche per Ibrahim, nonostante la cortina di ferro, anche nel 1970. Certo non poteva andare ovunque. Ma c’era la possibilità di viaggiare anche per lui con un sistema di visti che non considerava il passaporto somalo come carta igienica.
Oggi invece per chi viene dal sud del mondo il viaggio è una linea retta. Una linea che ti costringe ad andare avanti e mai indietro. Si deve raggiungere la meta come nel rugby. Non ci sono visti, non ci sono corridoi umanitari, sono affari tuoi se nel tuo paese c’è la dittatura o c’è una guerra, l’Europa non ti guarda in faccia, sei solo una seccatura. Ed ecco che da Mogadiscio, da Kabul, da Damasco l’unica possibilità è di andare avanti, passo dopo passo, inesorabilmente, inevitabilmente.
Una linea retta in cui, ormai lo sappiamo, si incontra di tutto: scafisti, schiavisti, poliziotti corrotti, terroristi, stupratori. Sei alla mercé di un destino nefasto che ti condanna per la tua geografia e non per qualcosa che hai commesso.
Viaggiare è un diritto esclusivo del nord, di questo occidente sempre più isolato e sordo. Se sei nato dalla parte sbagliata del globo niente ti sarà concesso. Oggi mentre riflettevo sull’ennesima strage nel canale di Sicilia, in questo Mediterraneo che ormai è in putrefazione per i troppi cadaveri che contiene, mi chiedevo ad alta voce quando è cominciato questo incubo, e guardando la mia amica giornalista-scrittrice Katia Ippaso ci siamo chieste perché non ce ne siamo rese conto.
È dal 1988 che si muore così nel Mediterraneo. Dal 1988 donne e uomini vengono inghiottiti dalle acque. Un anno dopo a Berlino sarebbe caduto il muro, eravamo felici e quasi non ci siamo accorti di quell’altro muro che pian piano cresceva nelle acque del nostro mare.
Ho capito quello che stava succedendo solo nel 2003. Lavoravo in un negozio di dischi. Erano stati trovati nel canale di Sicilia 13 corpi. Erano 13 ragazzi somali che scappavano dalla guerra scoppiata nel 1990 e che si stava mangiando il paese. Quel numero ci sembrò subito un monito. Ricordo che la città di Roma si strinse alla comunità somala e venne celebrato a piazza del Campidoglio dal sindaco di allora, Walter Veltroni, un funerale laico. Una comunità divisa dall’odio clanico quel giorno, era un giorno nuvoloso di ottobre, si ritrovò unita intorno a quei corpi. Piangevano i somali accorsi in quella piazza, piangevano i romani che sentivano quel dolore come proprio.
Ora è tutto diverso.
Potrei dire che c’è solo indifferenza in giro.
Ma temo che ci sia qualcosa di più atroce che ci ha divorato l’anima.
L’ho sperimentato sulla mia pelle quest’estate ad Hargeisa, una città nel nord della Somalia.
Una signora molto dignitosa mi ha confessato, quasi con vergogna, che suo nipote era morto facendo il tahrib, ovvero il viaggio verso l’Europa.
“Se l’è mangiato la barca”, mi ha detto. La signora era sconsolata e mi continuava a ripetere: “Quando partono i ragazzi non ci dicono niente. Io quella sera gli avevo preparato la cena, non l’ha mai mangiata”. Da quel giorno spesso sogno barche con i denti che afferrano i ragazzi per le caviglie e li divorano come un tempo Crono faceva con i suoi figli. Sogno quella barca, quei denti enormi, grossi come zanne di elefante. Mi sento impotente. Anzi, peggio: mi sento un’assassina perché il continente, l’Europa, di cui sono cittadina non sta alzando un dito per costruire una politica comune che affronti queste tragedie del mare in modo sistematico.
Anche la parola “tragedia” forse è fuori luogo, ormai dopo venticinque anni possiamo parlare di omicidio colposo e non più di tragedie; soprattutto ora dopo il blocco da parte dell’Unione Europea dell’operazione Mare Nostrum. Una scelta precisa del nostro continente che ha deciso di controllare i confini e di ignorare le vite umane.

Nessuno di noi è sceso in piazza per chiedere che Mare Nostrum fosse ripresa. Non abbiamo chiesto una soluzione strutturale del problema. Siamo colpevoli quanto i nostri governi. Non a caso Enrico Calamai, ex viceconsole in Argentina ai tempi della dittatura, l’uomo che salvò molte persone dalle grinfie del regime di Videla, sui migranti che muoiono nel Mediterraneo ha detto: “Sono i nuovi desaparecidos. E il riferimento non è retorico e nemmeno polemico, è tecnico e fattuale perché la desaparición è una modalità di sterminio di massa, gestita in modo che l’opinione pubblica non riesca a prenderne coscienza, o possa almeno dire di non sapere”.

domenica 12 aprile 2015

70° della LIBERAZIONE









Millenovecentoquarantacinque
Duemilaquindici

Insieme sui luoghi della memoria

"Camminando con altri GdC"


Abbiamo aderito (insieme ai "camminatori della Besozza") all'iniziativa dei GdC di Inzago e Paullo di giovedì 23 aprile. 
L'appuntamento è per le 8 e 15 davanti alla sede Auser, ci sposteremo in auto fino a Bellinzago, da lì a piedi (andata 3,4 km) fino ad Inzago dove incontreremo i GdC di Paullo ed Inzago. Da Villa Aitelli inizierà l'itinerario cittadino  alla scoperta di Inzago. Segue pranzo al sacco e ritorno a Bellinzago intorno alle 15.
Per informazioni telefonare in sede 02 92729901.

Chi intende partecipare fa ancora in tempo